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Collateral Beauty

Una focaccina gustosissima

Confesso che non sono il tipo da andare subito al sodo: adoro i giri di parole, le divagazioni (il profumo della vita!) – quelli che chiamo ghirigori semantici.
Impossibile con Collateral Beauty, seconda focaccina dell’anno 2017 e già incredibilmente entratomi nel cuore. Difficile che fosse altrimenti, d’altronde: La New Line ha messo insieme Will Smith, Kate Winslet, Edward Norton, Helen Mirren e Keyra Knightley nello stesso film. Il regista è David Frankel, che ha diretto Il diavolo veste Prada, Io & Marley e altri filmetti di cui in tutta sincerità non ho mai sentito parlare (e probabilmente neppure tu). Qui invece una prova di maturità, sebbene sia palese come, in questo caso, il lavoro del regista sia quasi sopravvalutato: una squadra intera ha messo a punto un film perfetto.

Partiamo dagli attori, perché non puoi farne a meno. Non hai mai visto, e non vedrai mai, un Will Smith così in tiro. Dimentica Sette Anime e La Ricerca della Felicità, brucia in un bidone Willy – Il principe di Bel Air e Hancock. E soprattutto, evoca i demoni degli inferi più profondi affinché Suicide Squad bruci all’inferno della celluloide in aeternum. Una prova che strega sotto tutti gli aspetti: fermo restando che siamo in Italia e manca la prova finale in lingua originale, abbiamo un’espressività mai vista nell’interpretare un imprenditore di successo, mentore e amico, completamente incapace di affrontare il proprio dramma personale – la perdita della figlia. Will qui dà il meglio di sé e di tutti, lasciando in ombra perfino un Edward Norton che sembra quasi lo sfigato in questo cast colossale.

 

E poi lei. La vera ruba-scena. Helen Mirren. Una di cui non ho visto nulla, ma per un fascino insito ho sempre considerato una delle dee. Tipo Maggie Smith, Emma Thompson… Che ne so! Quelle lì, che non le vedi spesso ma se le vedi ti stregano. Anche a 100 anni per gamba. Ed Helen ruba la scena, l’attrice che interpreta la Morte in questo Christmas Carol un po’ più strano (non a caso, film di Natale…). Allo stesso modo, Keyra Knightley (mmmmmm!), una melodrammatica ma sbarazzina Amore, dà pepe alla sua parte della trama. Kate Winslet: la prima cosa che mi son detto è: “Ma quant’è invecchiata?” E tant’è. A me non ha mai fatto impazzire, a parte forse in The life of David Gale. Poi entri nella dinamica del film, e capisci che… non è invecchiata lei, è invecchiato il suo personaggio, forse il più complesso della Triade Norton-Pena-Winslet, e non a caso quello il cui destino, alla fine del film, risulta meno chiaro.

Ora, però, passiamo ai veri protagonisti di questo film. Si chiamano Allen Loeb, Maryse Alberti, Mychael Danna e Theodore Shapiro. I primi due rispettivamente responsabili per sceneggiatura e fotografia, gli ultimi per le musiche. Tre ingredienti che si incastrano alla perfezione con recitazioni – come già detto – straodinarie e un soggetto fantastico. La sceneggiatura è la vera colonna portante su cui si fonda la bellezza immane di questo film, con dialoghi mai scontati, mai mosci, sempre sorprendenti e profondi. Trama tessuta con genialità e ironia, senza cascare nel meló, cosa che temevo da morire: anzi, sembra quasi di assistere ad una vera e propria commedia. Inquadrature mozzafiato di stanze sgombre celate nell’oscurità, di pezzi di domino e di una New York a dir poco effimera, bellissimo e silente background di una sofferenza che è lì in agguato, ma di cui abbiamo bisogno per rinascere: la sovraccitata bellezza collaterale del titolo, che un “angelo”, uno sconosciuto misterioso, ci esorta a trovare in fondo alla fossa della nostra sofferenza.

E qui facciamo una parentesi importante.
I critici non capiscono una mazza, nella mia modesta opinione da cazzaro del web e cinefilo provetto; a quanto pare, i Rotten Tomatoes vari hanno condannato questo film con argomenti a dir poco imbarazzanti (“ilarità involontaria”? Davvero??? Davvero davvero??? INVOLONTARIA?), e nemmeno coming soon e mymovies sono stati proprio gentili. Ma, per l’appunto, non capiscono niente sul che cos’è un’emozione, su cosa si prova al cinema: per intenderci, sono come i musicisti ai concerti, che più che per godersi il momento sono lì per contare le imperfezioni tecniche di chi suona (e ve lo dice un maldestro musicista).
L’
imperfezione però è il tema portante di questa storia, in cui tre amici-soci, pur di liberarsi del fardello di un amico-socio non più sul business con la testa, escogitano un modo di farlo fuori, ingaggiando tre attori che insceneranno tre astrazioni alle quali Howard (il protagonista) scrive lettere. E così la vecchia e stravagante Morte, la giovane idealista, sbarazzina ma passionale Amore, l’incazzoso, schietto ed energico Tempo iniziano la loro avventura.

Spoiler Alert! Ma anche no! Insomma, siete avvisati, i miei spoiler non lo sono mai al 100%.
Fatto sta che tutto il film gioca su un alternarsi delle vicende di tutti i personaggi, la vittima come i carnefici di questo gioco onirico. E il rapportarsi con una manifestazione tangibile, fisica, parlante di Amore, Tempo, Morte, rende la vita di tutti ricca di interrogativi che prima non c’erano; o meglio, erano seppelliti dentro l’anima di persone – come sovente accade nelle storie newyorkesi – troppo sepolte a loro volta nelle loro vite freneticamente materiali.

E in fondo il messaggio del film è latente: la medicina serve più al dottore che al “malato”. I ruoli a un certo punto si invertono, con il “pazzo” che ferma tutto e dice:
«Ok, credo di non essere nello stato mentale migliore. Nessuno di noi lo è.»

E in fondo il messaggio del film è latente: la medicina serve più al dottore che al “malato”. I ruoli a un certo punto si invertono, con il “pazzo” che ferma tutto e dice: «Ok, credo di non essere nello stato mentale migliore. Nessuno di noi lo è.» E qui si srotola qualcosa di meraviglioso. Quel pazzo, l’uomo che gioca a domino in ufficio, l’ombra del pubblicitario brillante di tre anni prima, sa tutto. Osserva, vede, sa. E lancia il suo pacato, amichevole, garbato j’accuse.

E a questo punto il retroscena: capisci che quel sospetto che avevi fin da metà film è fondato. Che quelle tre figure – così dickensiane – in fondo in fondo non sono lì tanto per incastrare Howard: sono i loro interlocutori ad aver veramente bisogno di Amore, Tempo, Morte. Come a dirci che siamo troppo spesso ansiosi di elargire agli altri ciò che vorremmo per noi, a tal punto da non preoccuparci di averlo noi stessi.

Una mia vecchia canzone parlava del fatto che una bottiglia vuota non riempie alcun bicchiere. è questo il messaggio finale, credo, di Collateral Beauty, al di là di tutte le altre implicazioni che ci può portare sull’accettazione, sul quasi abbracciare il dolore, per andare oltre, passargli attraverso, evolvere. Ovvio, lo dice uno che il dolore vero non lo sa cos’è. Ma resta il fatto che in una sera di Gennaio, io e la mia Signora siamo andati a vedere un film di qualità, con un messaggio profondo, snobbato dai saccenti da cineforum post-corazzata Kotiomkin. Ebbene, alla vostra faccia, Collateral Beauty è la seconda Focaccina del 2017, e per ora è al primo posto in classifica.

Scheda Film

Collateral Beauty

 

  • Regista: David Frankel – 9. Ma a tutta la squadra, non a lui soltanto.
  • Protagonisti:
    • Will Smith – 9
    • Helen Mirren – 9
    • Kate Winslet – 9
    • Edward Norton – 7
    • Michael Pena – 7
    • Keyra Knightley – 8
    • Jacob Latimore – 8 e premio rivelazione.
    • Naomi Harris – 8. Perchè.è.Gnocca.
  • Pollice su: Dialoghi geniali, soggetto fantastico, fotografia e musica mix perfetto. Recitazione straordinaria.
  • Pollice verso: Strano a dirsi, dura poco. Qualche epilogo è troncato a metà, ma in fondo, in un epilogo in cui nulla è certo – men che meno il domani: ricordate, imperfezione! – va più che bene così.
  • Recitazione: 8+. Helen Mirren ruba la scena, assieme a Will. Suicide Squad è perdonato.
  • Montaggio: 7.
  • Musiche: 10.
  • Visuale: 8. Paesaggi bellissimi.
  • Trama: 9.
  • Epilogo: 9.
  • Particolarità: Jacob Latimore ha ventun anni e mi incuriosisce. Perdoniamogli il fatto di essere un cantante hip-hop. Mi sembra tanto un Denzel Washington 2.0. Staremo a vedere.INOLTRE: “E Michael Pena?”, direte voi.
    Beh, ragazzi, questa è per i nostalgici. Probabilmente la maggior parte di voi non lo sa ancora. Ecco Michael Pena chi riporterà sul grande schermo (Iddio gliela mandi buona).